Riportiamo volentieri le seguenti riflessioni sulla laicità dell’aspirante cristiano:
la prima appartiene ad un Precursore del Concilio Vaticano II: “La vera mentalità laicale deve condurre a tre conclusioni:
* a essere sufficientemente onesti da addossarsi personalmente il peso delle proprie responsabilità:
* a essere sufficientemente cristiani da rispettare i fratelli nella fede, che propongono – nelle materie opinabili – soluzioni diverse da quelle che sostiene ciascuno di noi;
* a essere sufficientemente cattolici da non servirsi della Chiesa, nostra Madre, immischiandola in partigianerie umane”.
“Dai sacerdoti i laici devono aspettarsi luce e forza spirituale e devono assumersi la propria responsabilità nell’ambiente in cui operano senza mai ritenersi longa manus della gerarchia nelle molteplici questioni e nei problemi concreti dell’ordine temporale”.
In altre parole, a “questo cristiano non deve mai venire in mente di credere o di dire che lui scende dal tempio al mondo per rappresentare la Chiesa e che le sue scelte sono le soluzioni cattoliche dei problemi”.
Detto questo, a maggior ragione i sacerdoti non possono pretendere di avere le soluzioni cattoliche ai problemi politici di Este.
La seconda riguarda la definizione di “aspiranti cristiani”, da noi evidenziata fin dal 95.
Non è del tutto originale, perché l’abbiamo tratta da Ermanno Olmi, il famoso regista, lo sono invece i seguenti sei motivi fondamentali della sua auspicabile applicazione alla nostra realtà operativa:
* perché, per quanto riguarda, non abbiamo alcun ruolo ufficiale nelle associazioni ecclesiali;
* per una certa dose di pudore, per quanti hanno usato ed abusato del riferimento dell’essere cristiano, soprattutto fra coloro che erano politicamente impegnati ed esposti nella cosa pubblica;
* perché, nonostante la pratica dei sacramenti, l’essere cristiani non tende ad essere una condizione, uno status acquisito, bensì un cammino, una sequela, in cui non si è mai arrivati;
* perché sussiste un’ ambizione, più o meno segreta, di diventare sempre più radicati alla Persona che è l’essenza del Cristianesimo (R. Guardini);
* perché dovrebbe sussistere una continua tensione, nella circolarità, tra la massima libertà nelle cose opinabili (ad esempio politiche) e il massimo radicamento nelle cose essenziali;
* perché la trasmissione dei nostri valori interiori e del nostro radicamento dovrebbe derivare dal nostro operare più che da astratte dichiarazioni.
Silvio Radicante
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