La richiesta e l’ardimento di reinterpretare lo schema di Don Carlo Brusana sono la conseguenza della felice constatazione che il “filo logico” contenuto nello schema è speculare alle tre tappe del percorso culturale personale.
a) Complessità del “culturale moderno” (postmoderno)1.
L’oratore, da sapiente educatore, parla di complessità; di solito si parla semplicisticamente di crisi di valori. Ma non è esatto affermare che non esistono i valori; è più pertinente affermare che non esiste più un plafond comune di valori, non esiste più la corolla gialla di un comune denominatore di valori, a cui potevano essere “attaccati” gli altri valori, come i petali sono attaccati alla corolla della margherita.
Non esiste più una base di valori consensualmente “portanti”, manca un centro1.
A livello sociale ed anche a livello individuale la nostra struttura dei valori tende ad assumere una conformazione “rizomatica”, una conformazione volgarmente detta “a mo’ di patata” (una nobile pianta che proviene dall’America), che non ha centro, in cui i germogli possono spuntare da tutte le parti del tubero.
Il rizoma, come sistema a-centrico, viene opposto all’immagine della radice, dell’albero, che invece presenta pretese unificatrici e totalizzanti, in cui ogni punto è legato agli altri ed i rapporti sono prestabiliti e d’ordine invariabile2.
La giustizia, l’onore, la solidarietà, la spiritualità, l’onestà, l’amore, la maternità, la vita stessa, sono dei valori importanti, ma se sviluppati unilateralmente otteniamo delle realtà e delle espressioni squilibrate.
La giustizia può diventare giustizialismo, l’onore può spingere al delitto d’onore, la solidarietà può diventare un mestiere, la spiritualità può diventare disincarnata a mo’ di new age, l’onestà “non c’entra” con gli affari e la politica, l’amore può ridursi a sesso, la stessa maternità può essere una maternità rovesciata, dove i figli vengono procreati in funzione dei genitori.
La conseguenza più vistosa del suddetto clima culturale è la frantumazione dell’io, della personalità dell’uomo.
b) La “persona”, quale riferimento per riconoscere i Valori1.
“Vivere la vita implica essere coerenti, aderire, rispondere a qualcosa che, si voglia o no, è predefinito dalla vita stessa di ogni persona, vuol dire riconoscere le qualità essenziali che costituiscono ogni persona, e conformare ad esse le proprie scelte, coscienti di dover lasciare spazio al limite, significa, cioè, vivere con responsabilità”1.
Tale impostazione dovrebbe essere comune a tutti gli uomini, credenti e non credenti, a tutti coloro che credono nell’uomo, che hanno fede nell’uomo, nella sua dignità, ai radicanti.
“I radicanti hanno fiducia nella propria identità di persone, quali portatori di originalità, che continuamente cercano e ricercano in compagnia di altre persone, un radicamento, da cui scaturisca, in un circolo virtuoso tra ragioni, emozioni ed interessi, l’unità di vita e di pensiero”3. Punto di partenza delle qualità della persona è la sua “individualità: ogni uomo è unico, insostituibile, inaccessibile, mistero”1.
Anche Cartesio è partito dall’uomo, ma solo da una sua dimensione, quella razionale, per cui si è successivamente arrivati a definire diversi tipi astratti di umanità, in nome dei quali era lecito, ed è lecito, uccidere e rubare.
Soren Kierkegaard ci ha insegnato che non esiste l’umanità, esiste il singolo uomo.
Romano Guardini indica come punto di partenza l’accettazione di se stessi6.
La ragione è solo una dimensione dell’uomo, ma per diventare veramente umana deve riconoscere i propri limiti, deve riconoscere nella vita la presenza del mistero: nelle cose, nel mondo, ma anche nella stessa singola persona.
c) Oltre alla individualità, “le qualità (=i valori appunto) che definiscono costitutivamente la persona, normandone perciò il comportamento, sono la Socialità, la Corporeità e la Spiritualità”.
“Spiritualità: l’esistenza umana dice sempre “appello”, “compito” (=io so quindi posso scegliere) da realizzare in pienezza: trascendenza”1. La pienezza della persona è la trascendenza. E’ il suo rapporto con Dio che ama il singolo uomo: io sono amato da Dio, sono importante per Lui.
Il riconoscimento di essere donato, di essere un dono di Dio porta al dono di sé verso il prossimo, alla condivisione, all’accoglienza tra persona e persona.
Dio mi chiama continuamente ad un rapporto personale, certamente drammatico, ma sempre vivo e pieno.
Drammatico, perché c’è il peccato originale, “che è la scelta in noi ereditaria che mette l’io al centro di ogni rapporto di amore al posto di Dio”4.
Anche da un punto di vista laico, è possibile affermare che la pienezza, l’essenza dell’uomo è l’amore. Il prof. Antonio Baldassarre, ha affermato che “la cultura della vita è cultura dell’amore”5.
“L’uomo che ha smarrito la sua immagine divina, finisce per caricare di assoluto un legame terreno significativo; in questo consiste l’idolatria”4. Ogni uomo sceglie, dentro di sé, ciò che per lui vale la pena di vivere.
“si può quindi definire l’idolatria il bisogno di assoluto che il cuore umano istintivamente orienta su realtà intermedie per ottenere attraverso di esse una considerazione significativa da altri, che in realtà può sgorgare solo da Dio”4.
Gli idoli più comuni sono il lavoro per l’uomo e il marito ed i figli per la donna, ma possono essere anche il partito, la parrocchia, il volontariato, il sindacato.
“Il peccato originale non rende l’uomo semplicemente egoista, incline alla comodità e al piacere: la conseguenza più radicale è la ricerca del consenso, del conseguire un’immagine davanti agli altri. E’ l’inganno idolatrino che conferisce una dimensione di assoluto a tutto ciò che è penultimo, trasformandolo in idolo: non solo gli onori ed i denari, ma anche i figli, la casa, il coniuge, l’apostolato, la chiesa”4.
E’ l’inganno idolatrino che può, quindi, guastare i valori suddetti, presi da soli: per es. la giustizia può diventare giustizionalismo, etc.
Abbiamo insistito su tale punto perché il peccato originale, o meglio l’inganno idolatrico, rappresenta una chiave d’interpretazione molto importante nell’esame, che ci proponiamo di portare in profondità nei prossimi numeri, del movimento politico dei cattolici a Roma ed anche a Este.
NOTE
1 Vedi: “Lettura sintetica degli anni 2000”.
2 G. Deleuze – F. Guattari, ” Rizoma”, traduzione italiana Parma-Lucca 1978.
3 Corrado Corrà, Introduzione e presentazione atti del Convegno di Este del 23 Aprile 1999;” Dal diritto alla vita alla cultura della vita”.
4 Ugo Borghello, “Liberare l’amore”, Milano 1998.
5 Antonio Baldassarre, “La cultura della vita è cultura dell’amore”. Vedi atti del Convegno succitato.
6 Romano Guardini, “Accettare se stessi”, Brescia 1995.
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RUZANTE E DINTORNI