Cambiano i tempi, cambiano i volti delle città e cambiano i bisogni di natura assistenziale, così, anche nel nostro territorio, comincia un processo di riordino dei servizi che porta all’inversione del tradizionale sistema di offerta fondato soprattutto sull’ospedale, a favore di nuove forme assistenziali legate allo sviluppo di servizi presenti sul territorio e più appropriate alle nuove emergenze sociali.
È un sistema integrato di servizi socio – sanitari che vede sempre più l’intervento ospedaliero come assistenza extra – territoriale, riservata soprattutto alle patologie acute.
È una rivoluzione culturale che merita di essere compresa facendo un po’ la storia di come eravamo e ripercorrendo nello stesso tempo i momenti fondamentali che porteranno alla nuova organizzazione territoriale.
Dunque, in questo territorio formato da 46 comuni e diventato ULSS 17 nel 1990 vi erano 4 Ospedali generali (così si chiamavano i nosocomi con i reparti base) e 6 Case di riposo all’interno delle quali arrivavano le persone che non avevano altre alternative assistenziali una volta dimesse dagli ospedali stessi.
Negli Ospedali convogliavano comunque tutte le patologie (anche quelle sociali) poiché il territorio poco o nulla offriva in proposito.
L’assenza di altre specialità e soprattutto di tecnologie avanzate, faceva sì che, nonostante 4 Ospedali, gran parte dei, pazienti fossero inviati in grossi nosocomi limitrofi per esami, terapie o visite specialistiche.
Era come se sul territorio ci fosse un quinto Ospedale mobile (ogni giorno infatti 3 o 4 ambulanze stipate di malati erano in viaggio per i motivi suddetti) causando in primis disagio ai pazienti e poi elevati costi aggiuntivi ad un servizio sanitario carente nonostante, come si è detto, la presenza di 4 Ospedali.
Tra l’altro l’attesa di visite o esami presso grossi nosocomi causava degenze prolungate con ulteriore aumento di costi e disagio.
Poi il campanilismo!
In questo territorio si è riusciti ad avere 3TAC e neanche una Risonanza magnetica, perché nessuno voleva avere meno dell’altro.
Si è andati avanti per anni con 3 Divisioni Ostetrico – ginecologiche e 3 Divisioni Pediatriche nonostante un tasso di nascite sempre più basso, impegnando risorse umane e materiali esorbitanti (20 unità per la nascita di 2 bambini in ogni divisione), a scapito di altri servizi di natura sociale veramente dimenticati.
Finalmente si parla di “Organizzazione sanìtaria” con il DL 502/1992 e noi, che siamo ancorati ai modelli della lex 132/del 687, siamo nelle condizioni di non fornire risposte di qualità. Mettere le mani sulle 4 strutture presenti che nel corso degli aanni hanno subito varie stratificazioni diventa impensabile: dal punto di vista organizzativo poi, lo spreco di risorse di cui si è detto prima, i doppioni, l’impossibilità di concentrare tecnologie, la “bassa casistica” dei ricoveri e il numero elevato di fughe verso servizi più appetibili, fa sì che questa ULSSspenda molto di più rispetto agli standard previsti (si parla di una perdita annua di 42 miliardi delle vecchie lire).
In queste condizioni è impensabile sostenere economicamente ‘anche le funzioni socio-assistenziali di cui il territorio necessita ed il risultato logico è “pensare ad un modo nuovo di produrre sanità; capovolgere il concetto che tutto si cura in Ospedale e lavorare affinché tutto si curi sul territorio” e, solo in determinati casi e per gravi situazioni, si ricorre all’ospedale che dovrà rispondere in maniera completa e altamente qualificata ai bisogni specifici del cittadino. Se vi è infatti un progressivo invecchiamento della popolazione con richiesta di assistenza riabilitativa e un incremento delle malattie degenerative, vi è anche, e soprattutto, una richiesta di protezione e sicurezza nell’emergenza ed è perciò che diventa prioritario l’impegno di cambiare volto al territorio.
Nasce anche la consapevolezza che ciò sarà possibile solo se si vinceranno i campanilismi, le logiche di abitudine e adattamento che nulla hanno a che vedere con la pertinenza dei servizi rispetto ai bisogni, con l’efficienza ed efficacia delle prestazioni, con l’eccellenza in sanità.
La rivoluzione culturale coinvolge i cittadini ma soprattutto gli amministratori che hanno il compito di pianificare il futuro.
Devono trovare il coraggio di lavorare assieme e ridisegnare l’assetto dei servizi che, da ora in poi, dovranno produrre sanità nell’ULSS 17.
L’idea è di un Unico Polo Ospedaliero per Acuti, sostenuto da un territorio sviluppato in maniera armoniosa con servizi sociali e socioassistenziali in linea con il Piano di Zona dei Servizi alle Persone, approvato dalla Conferenza dei Sindaci e dalla Regione Veneto.
Ricordiamo che l’Ospedale Unico, se costruito in tempi ragionevoli, può rispondere al bisogno di accoglienza-ssistenza per pazienti acuti e può fornire alta tecnologia e professionalità.
L’investimento di risorse sul territorio costruisce una rete di servizi integrati, sanità e sociale, che fanno sistema, garantendo così risposte adeguate ai tanti bisogni evidenziati dal Piano di Zona (la situazione sociale è grave, e una
famiglia su 3 necessita di assistenza).
È con tutte queste premesse che, a ragion veduta, la sera del 20-03-2000 la Conferenza dei Sindaci esprime la volontà di dotare questa area di un Ospedale Unico per Acuti e nel testo del documento, i Sindaci non dimenticano di rivendicare anche una viabilità che possa garantire sì sviluppo alle attività economiche, ma soprattutto elimini fattori di rischio per i cittadini.
Capiscono bene i Sindaci che per certe scelte solo una visione sovracomunale è vincente.
Quella sera in Conferenza c’è tutto l’orgoglio di Amministratori che, conoscendo bene il proprio territorio, decidono il da farsi evitando, com’era sempre accaduto in passato, soluzioni che cadono dall’alto con logiche spesso ben lontane dalla realtà.
Nella stessa seduta i Sindaci danno mandato al Direttore Generale dell’ULSS di provvedere ad uno studio di fattibilità del progetto stesso.
Nel frattempo le Segreterie Generali CGIL-CISL-UIL dicono sì alla realizzazione del nuovo Ospedale a condizione che le strutture esistenti vengano convertite in nuovi tipi di servizi socio-sanitari in cui celerità e qualità diventino regole per tutti.
Finalmente la programmazione sanitaria regionale 2002-2005 prevede per il nostro territorio la realizzazione del nuovo Polo Ospedaliero in sostituzione delle strutture di Este e Monselice, la cui capienza dovrà essere di circa 400 posti letto.
Ma dove dovrà sorgere questo nuovo Ospedale e soprattutto come sarà finanziato?
La Commissione Tecnica costituita al fine di rispondere a vari interrogativi, uno dei quali proprio dove ubicare l’Ospedale, individua nell’area compresa tra Este e Monselice, a Schiavonia, il baricentro rispetto al territorio dell’ULSS,area con vasta superficie e con possibilità di collegamento a una rete viaria di grande comunicazione.
Si procede quindi, per i Comuni di Este e Monselice, ad approvare in consiglio la variante ai relativi Piani Regolatori (siamo a febbraio 2004) con tutti gli iter previsti (osservazioni, parere della Regione ecc … ).
Il 18.06.2004 la Giunta Regionale approva la delibera che ha per oggetto “art.20 lex 67/88.
LRn. 01/04 metodologia per gli investimenti in conto capitale per opere di edilizia sanitaria di interesse regionale per il decennio 2004-2013″ in cui esplicita per l’Ospedale unico, dal costo presumibile di 120 milioni di euro, un finanziamento di 72 milioni di euro.
Indubbio è il merito del presidente Galan e dell’assessore Gava, ma il lavoro quotidiano di preparazione è opera del consigliere regionale Barbara Degani.
È la prima volta che un finanziamento regionale supera il 50 % dei costi previsti.
La rimanente spesa sarà coperta con varie modalità (mutuo, alienazione beni, risparmio gestionale, ecc.) oppure si può anche pensare a una modalità innovativa come il Project Financing; ma sarà la Direzione strategica dell’A.S.L. in accordo con la Conferenza dei Sindaci a percorrere la strada migliore.
Siamo quasi giunti al traguardo e abbiamo ragione di credere che il progetto definitivo e la gara per l’affidamento dei lavori avverranno nel 2006.
Da quel momento in un periodo compreso tra 30 e 36 mesi sorgerà la nuova struttura e sarà all’avanguardia per tecnologia di costruzione, confort e funzionalità per i pazienti.
La nuova sede avrà 447 posti letto, oltre 12 posti letto per dializzati, 20 culle e 12 posti per l’osservazione prolungata nell’emergenza.
Sarà utilizzata un’area di 206000 m2 e la nuova statale 10, la futura metropolitana di superficie nonché i più moderni mezzi di trasporto, compresi gli elicotteri del 118, garantiranno sicurezza e tempestività nel raggiungimento della struttura.
In un prossimo articolo sarà analizzata l’importanza della viabilità per un’efficace funzionalità operativa dell’ospedale unico.
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